Cara Anna alla fine ci hai lasciati.
Non ti sentirò parlare più, pensare, combattere. Hai preferito la vendetta alla tua stessa vita, l’offesa e la ferita di lui alla tua esistenza. Non hai accettato di aver perso, e vincere in quel modo certo è una sconfitta. Perché hai vinto sull’amore con il suo rifiuto. Ha vinto la tua mancanza di umiltà. Certo non saresti stata Anna Karenina e non avresti scritto la tua storia attraverso Tolstoj. Mi mancherai molto. Prima di andarti a mettere sotto la seconda carrozza di quel treno mi hai lanciato la tua borsetta rossa. Provo a riempirla delle storie dei pensieri che a te seguiranno. Te la consegnerò un giorno, quando nel cielo dei sentimenti e di ciò che ci sopravvive dopo la morte, ci incontreremo. Per prima cosa questo biglietto che ti appunto stamattina. Ho molte cose da fare adesso ma non volevo uscire senza averti prima salutato. E la scrittura anche a questo mi serve: a dire ciao. A trasformare la pena in un rigo orizzontale che se ne sta quieto sotto i miei occhi mentre tutto il resto, ed è infinito, oscilla e mi fa pena. Ma se fermo il mio sguardo qui ci sei tu Anna Karenina nella tua essenza finale. Una borsetta rossa che ha traversato un secolo, migliaia di case e afferrata presa, raccolta, da centinaia di persone. Fra queste, è certo una delle tue ultime prese più recenti, ieri sera, e con me chissà chi nel vasto mondo proprio ieri ha afferrato quella borsa, c’è la mia mano. Quella stessa che non esce stamattina senza averti sventolato un fazzoletto dove sopra sta disegnata la mappa della mia città. Stattene quieta un po’ con me adesso, cara Anna; riposati un po’, riprendi forze prima di cominciare a narrare daccapo a qualcun altro altrove, una storia senza fine.
Non ti sentirò parlare più, pensare, combattere. Hai preferito la vendetta alla tua stessa vita, l’offesa e la ferita di lui alla tua esistenza. Non hai accettato di aver perso, e vincere in quel modo certo è una sconfitta. Perché hai vinto sull’amore con il suo rifiuto. Ha vinto la tua mancanza di umiltà. Certo non saresti stata Anna Karenina e non avresti scritto la tua storia attraverso Tolstoj. Mi mancherai molto. Prima di andarti a mettere sotto la seconda carrozza di quel treno mi hai lanciato la tua borsetta rossa. Provo a riempirla delle storie dei pensieri che a te seguiranno. Te la consegnerò un giorno, quando nel cielo dei sentimenti e di ciò che ci sopravvive dopo la morte, ci incontreremo. Per prima cosa questo biglietto che ti appunto stamattina. Ho molte cose da fare adesso ma non volevo uscire senza averti prima salutato. E la scrittura anche a questo mi serve: a dire ciao. A trasformare la pena in un rigo orizzontale che se ne sta quieto sotto i miei occhi mentre tutto il resto, ed è infinito, oscilla e mi fa pena. Ma se fermo il mio sguardo qui ci sei tu Anna Karenina nella tua essenza finale. Una borsetta rossa che ha traversato un secolo, migliaia di case e afferrata presa, raccolta, da centinaia di persone. Fra queste, è certo una delle tue ultime prese più recenti, ieri sera, e con me chissà chi nel vasto mondo proprio ieri ha afferrato quella borsa, c’è la mia mano. Quella stessa che non esce stamattina senza averti sventolato un fazzoletto dove sopra sta disegnata la mappa della mia città. Stattene quieta un po’ con me adesso, cara Anna; riposati un po’, riprendi forze prima di cominciare a narrare daccapo a qualcun altro altrove, una storia senza fine.
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