Le parole della preghiera dovrebbero spogliarsi ogni giorno e nude come alla loro alba arrivare a dio. Noi; io, questo sforzo non lo compio mai.
Dovrebbero arrivare incandescenti al loro destinatario, alla loro meta. Una parola denudata di tutto, e di noi stessi, e del modo in cui l'abbiamo usata negli anni nelle occasioni negli incontri, solo una parola così è già arrivata a dio. Ha già percorso lo spazio che ci separa da lì. Dal luogo dove origina la compassione la pietà la pena la tenerezza. La carità; valore supremo della fede che ho imparato da piccola condotta da mia madre. Essa poi diventa giustizia e coerenza: i massimi comportamenti religiosi che il mio amico Franco Maiorano, uno dei pochi preti che considero tali perchè esercitano il pensiero nella sua piena libertà e in questo modo fanno onore a dio perchè lo rendono vivo e presente nel mondo, mi sollecita a cogliere costantemente.
In mezzo a tanti cadaveri di pensieri formali, di parole disabitate perchè pronunciate come litanie come scongiuri ormai, e perciò più superstizione che la terribile verità della carità c'è qualcosa che cresce, ed è nuovo tanto quanto sa essere fedele allo spirito, all'essenza delle divine parole che un uomo chiamato Gesù cominciò a lasciare sulla terra a partire da una stalla e che, coerentemente alla sua nascita, ha lasciato in un percorso a fianco a gente umilissima, pescatori pastori analfabeti, vissuti duemila anni fa in Palestina. Poteva nascere nell'età dei condomini e degli ospedali e della pennicillina e invece è nato quando c'era il mulo, o i calzari, per spostarsi da un luogo all'altro. A quell'uomo, figlio di un dio che nelle civiltà ha preso nomi tanto diversi, a quell'uomo va la mia meraviglia. Porgi l'altra guancia. Una follia. Un modello di comportamento sempre nuovo, radicale rivoluzionario sovvertitore, quando qualcuno nella pratica della vita, lo innesta. Per arrivarci serve un coraggio che non ha uguali: non tenere conto della propria vita. C'è qualcosa infatti che la sopravanza: l'amore. Per la formica che pure uccido senza posa quando la vedo solcare le fughe della mia cucina e per la stella, attraversando tutto lo scibile, è l'infinito! che ci sta in mezzo. In quel trattino pure ci sono le persone amate. Esse da sole basterebbero, una sola, a giustificare lo sprezzo rispetto alla mia vita stessa, eppure non è facile per niente. Non fu facile nemmeno per quel dio, figlio di dio, che coerentemente al suo progetto morì su una croce appeso come un ladro fra i ladri. Cosa ci aveva rubato? L'idea che bastasse seguire le regole che gli uomini hanno dato ad altri, per stare in dio. Dio sta in una rivoluzione senza precedenti che tollera le istituzioni solo se esse non hanno a cuore i loro templi e i loro uffici pastorali ma le persone vive, con i loro desideri vivi i loro sogni vivi: di giustizia. Ci aveva rubato la certezza che bastasse seguire i comandamenti per essere giusti. L'amore dov'è il mio amore se appena posso uccido? La formica in cucina, la speranza con la mia paura di ogni cosa, la carità con la mia mano ferma, sovrappensiero.
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