C’è una parola da proteggere con la sciarpa di lana, con i guanti, il cappotto, la calzamaglia. C’è una parola da proteggere schermandola con il nostro corpo, abbracciandola per non lasciarla da sola, mai. Una parola da chiudere a chiave per non farle perdere il senso, una parola da usare poco per non sciuparla, una parola da nascondere in un luogo di cui dimenticarsi pure come ritrovarlo. Una parola da mettere fra le pagine di un libro amato come un fiore che ci fu regalato da una mano indimenticabile in un giorno che non può tornare più. Una parola da cui stare alla larga, da cui girare lontano perché pure guardarla la fa appassire. Eppure noi la usiamo senza ritegno, pudore, misura: vergogna. Che peccato mi viene da dire pensare, credere. Così tutto abbiamo svuotato e nessuna cosa più è bella nel giorno di Natale. E in nessun altro giorno. Perché Natale è tutti i giorni dell’anno tranne oggi dove non è più lo spirito, la parte immateriale di ciascuno di noi a manifestarsi, ma è la materia, la parte peggiore e quella mortale. Perché quella si può comprare e invece l’anima no.
Qui metto lo spazio per la parola magica misteriosa, che apre le porte del cielo, ma non la scrivo, non la dico non la pronuncio: per farti un regalo.
21 dicembre 2009
sabato 9 gennaio 2010
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