
Ti regalo i territori le città del mondo i paesi.
La speranza che tu possa un giorno visitarli.
Ti regalo le pagine dell’ultimo libro che ho letto: l’indimenticabile Anna Karenina.
Ti regalo le note che non sono stata capace di suonare né di aiutare i miei figli a conoscere.
Ti regalo le bandiere: quelle che stanno sulle navi; quelle che stanno chiuse nei cassetti. Scoperte che non faremo mai o che faremo. Stamattina, adesso, se solo siamo capaci di resistere alla pena alla sconfitta all’errore, al malumore di un altro che ci viene addosso per cancellarci, per portarci via come il vento porta la foglia lontano dal suo albero.
Ma tu resisti opponiti stai fermo. Nel tuo errore nella tua malattia nella tua incapacità.
E leggi e scrivi le lettere che compongono questa pagina. L’unica e l’ultima che ti è concessa. Per ora per oggi. Come se fosse il gambo di una rosa: l’ultima che ti è concessa tenere in mano. Anche quella ti regalo adesso. Le spine che fanno saggia la terra che il cielo non conosce. Lui si limita della rosa a vedere la sua coppa di petali e non sa che la bellezza poggia su di un rovo. Come accade che pur sbagliando esistiamo e continuiamo a vivere e a cercare un minuto di esattezza un secondo di equilibrio irripetibile, di armonia fra il cielo la terra me la storia, e tutto quanto una valanga, che non mi è venuto più bene in questo mondo. Sono lontana adesso chilometri e chilometri dal momento di grazia di conoscenza di felicità che ha suggellato tante volte nelle mattine, negli anni, la mia presenza al mondo. Chilometri e chilometri d’esilio da quei giorni. Eppure un atomo di me di allora sta qui a me davanti: furioso irascibile violento e mi urla scappa. Scappa da questa vergogna che mi ha preso da questo lutto da questa elemosina di attenzioni. Scappa: dove gli chiedo adesso? Nel punto dove massimo è il dolore massima la sconfitta massima la distanza da me stessa. Solo da lì puoi cominciare a scioglierti dal mortale abbraccio.
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