Ci sono matite con cui qualcuno è arrivato sulla luna, le matite degli scienziati degli ingegneri dei fisici. Sono matite straordinarie perché con quelle è stata scritta una nuova storia dell’uomo. Poi ci sono quelle dei musicisti la matita con cui Beethoven compose tutte le sue sonate una matita che appena la prendevi in mano al posto dell’inchiostro lasciava cadere note: seminime crome e biscrome. Poi la matita degli scrittori una matita con le corde o con i sonagli e poi e poi la matita dei teologi quella con l’ombrello e la nuvola sopra perché dio appena può si manifesta e tu devi essere pronto. Poi c’è quella che ti porta a volare alto la matita dei sognatori quella che ti istiga a superare le soglie e i confini e in questo modo infrangere le regole e la pazienza degli altri e poi quella dei cuochi che afferrano nelle loro ricette gli ingredienti indispensabili tranne uno, quell’atmosfera assai rara che a tavola fa solo una persona sorridente. Taccio invece sulla matita scatola perché essa porta il suo segreto, il suo cuore che batte nell’oscurità, fino a quando la mano di colei o di colui che senza saperlo la sta già cercando finalmente la impugnerà. Poi c’è la matita del poeta che solo lui può prendere in mano perché le spine di una rosa nulla possono contro le sue mani perché egli solo fra tutti scrive con il vento sulla sabbia. E’ l’unica scrittura fra queste che non pretende di restare e dunque resta e sta. Come quella che fu di Etty come quella che fu di Emily come quella che fu di Cristina. A queste donne che furono grandi senza pretenderlo invio con la posta del pensiero questa collezione di matite. E a Sergio anche che mi invitò a vedere ciò che stava sul mio tavolo. Piccole storie di grafite.
Teresa Ciulli, 19 aprile 2006
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2006
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