mercoledì 18 gennaio 2012
è in vendita:
l'arco di Emily
2009
74X50
una penna d’oca sporca d’inchiostro
Quanto può una penna
se essa è attaccata, dal filo secreto del bruco
nel chiuso della sua camera mortuaria,
al tuo cuore.
Lo sapeva bene
la penna di Emily
non era una bic, come la mia.
Ecco perché anche
la sua poesia
ha oltrepassato i muri invalicabili dei secoli:
ha trovato tutte le porte aperte
che comunicano un giorno con l’altro
un anno con l’altro
un secolo e poi l’altro
in avanti, e indietro
perché un poeta cambia la storia del mondo;
anche di quella già stata
la illumina con la sua struggente innocenza
con la sua pietà altissima
con il suo debole sussurro
che ci vogliono le orecchie di un pipistrello
per udire quelle parole innalzate e scritte a se stessa tanto tempo fa,
e bisogna essere ciechi sempre come quello, il pipistrello,
per poterle comprendere una volta per tutte
nel luogo oscuro dove avviene in noi
il contatto fra la nostre pelle stellare
e tutto il mondo che non avremo mai:
un abisso, un intero universo di incontri di sapienza di stupidità pure
la penna di Emily fu forse capace di varcare tutti i secoli
e tutte le orecchie possibili
una coincidenza irripetibile nella storia dell’umanità
forse perché essa fu la penna remigante di un’oca.
Era il 1836 in questa immagine
che amo di lei
lei già teneva la penna in mano
e scriveva, allo stesso modo che raccoglieva fiori
nel suo erbario:
cucendo i fogli l’uno all’altro: come se fossero un vestito.
Perchè una poesia coglie
dal giardino di dio
il fiore della verità.
Nelle sue mani,
nella punta di quella penna poggiata sul foglio
che, dopo, avrebbe appoggiato avanti agli altri
esso non sfiorì.
Mai seccò.
Quando alla sua morte
fu trovata la scatola di latta nascosta sotto il letto
all’apertura del coperchio
tutte le rose le viole i botton d’oro
che lei amò che lei vide portandola a varcare i cancelli delle galassie ultime
sbocciarono all’unisono.
Basta leggere una sola sua poesia
per ritrovarsi in quel prato illimitato.
Di bellezza.
Essa, la bellezza., è tale perché sa tenere insieme
con una mano sola,
quella con cui scrivo,
dolore e incivile passione
la stessa che provò l’oca
quando le tolsero la penna.
Essa si sentì viva
vide il cielo ebbe paura di morire
poi comprese di non comprendere;
era tuttavia rimasta viva
e ciò le bastò. Le avanzò.
Fece in tempo, con il suo stormo
che disegnò per tutto il tragitto
la punta di una freccia nel cielo
a migrare
il giorno successivo, per l’Africa.
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