Il quattro è rimasto nella mia tasca. Ieri, davvero, mi è sfuggito di contare quanti giorni mancano ancora alla partenza della mia arca. L’arcobaleno se n’è andato, è ripreso a piovere. Non aspetto la colomba, tanto se l’aspetto divento solo ansiosa e quella certo non arriva per fare un piacere a me, arriva perché, tante e molte cose, nel mondo intorno, si sviluppano secondo la loro natura e volontà e casualità. Ieri il mio conto alla rovescia è rimasto muto. Ho parlato troppo dentro di me, e questo mi toglie il silenzio che molto mi aiuta a vedere, molto mi aiuta a cogliere l’essenziale. Una vecchia malattia che ogni tanto si manifesta. In questo periodo in forme acute. Poi, stamattina, prendo la penna per scrivere a un amico che ieri è venuto a trovarmi e sento che in quella penna, io ci sono ancora, che fluisco docilmente dalla punta al foglio. Esisto. I miei pensieri si allineano anche se la calligrafia è abbastanza illeggibile, ma i pensieri invece lo sono, leggibilissimi. E questo mette un’ancora alla mia esistenza. Esisto ora sulla terra in un foglio di carta attaccato col nastro carta su un carta da imballaggio che da stamattina copre un quadro che ieri il mio amico ha deciso di portare via, spiritualmente, con sé. In questi giorni sono ricca degli sguardi che le persone che mi sono venute a trovare, adesso qui come in una preghiera le ricapitolo e le ringrazio tutte una ad una, i miei figli sono stati i primi visitatori, loro i primi sguardi che hanno risvegliato, dopo diciannove anni alcune storie, dal loro sonno. Sembra la favola della bella addormentata nel bosco. Forse lo è stata davvero. Adesso loro, i quadri dico, si sono stiracchiati, hanno sbadigliato e fatto colazione. Qualcuno anche, nelle parole di una nuova amica che è venuta a trovarmi, hanno approfittato dell’apertura dell’arca e sono andati via in questa spinta all’esodo che in questi giorni ho trasmesso loro. Mi appartengono ancora nella misura in cui oggi appartengono a un’altra; un altro. Raccontano la loro storia a qualcuno che quella storia ha amato a colpo d’occhio. Chissà come accade che due si trovano. Perché, certo, si stanno cercando. Io ho reso possibile l’incontro. Manifestando pubblicamente il mio bisogno di stare con gli altri attraverso questa forma comunicativa che mi sono scelta in questi anni per esistere. Per trovare ragione di vita e anche di equilibrio. La forma dell’arte. E’ un fragile contenitore, è di carta. Per questo Ruggiero Gregorio negli anni 90, custodiva quei fogli con così grande attenzione, e dedizione. Sotto vetro. Poi, per ragioni economiche, ma anche di peso e logistica, ho dovuto rinunciarci e buttarmi nella mischia così come il pensiero, che nel frattempo era diventato frettoloso inquieto ma anche pieno di segni vivi della mia persona viva alla ricerca di se stessa nell’esperienza della maternità che sbalza fuori dal mondo conosciuto, si andava caoticamente e sempre più frammentariamente, manifestando.
Ho scritto storie appuntandole, sempre di più, su fogli di fortuna. Pagine e pagine, e pagine. Mancano tre giorni e poi chiudo una parte di questi appunti. Devo liberare lo spazio perché altro deve accadere. Ma so che questi lavori queste opere di carta sparse qui, intorno a me adesso, non torneranno più a dormire. Esse sono presso chi le ha viste, ne ha goduto forse la loro presenza e anche portato via il messaggio che trattengono. Non è necessario comprarsi un quadro, anche se ha un prezzo simbolico, per amarlo. Uno ama anche quello che non sarà mai in suo possesso. Possesso fisico, intendo. Perché il possesso spirituale è sempre a portata di mano ogni giorno. Ogni minuto, ogni attimo della nostra vita. Basta guardare il grande spazio interiore che ci abita e essere felici di percorrerlo con lo sguardo senza riempirlo. Pr quello ci sono, bellissime, le nuvole la fuori, il cielo con il suo grande chiarore, e di notte, le luci in lontananza. Tutto quello di cui abbiamo bisogno già ci appartiene. La possibilità di stendere la mano sulla guancia di qualcuno, per fargli una carezza. Quella non lascia traccia sulla guancia, sul tuo cuore e sul suo, sì. Eterno.
Ecco perché hai ancora tempo, fino a domenica, per privarti di un’opera di carta. Arricchendoti però, della sua unica, irripetibile, esistenza.
giovedì 22 marzo 2012
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