Gigi Gherzi: e chi è? Silvia Civilla all’altro lato del telefono, a Nardò, mi dice che è un regista, un attore: conosciuto, bravo che fa un teatro in cui gli spettatori sono parte attiva; scrivono con l’attore il testo di quell’incontro. Silvia dice che stanno mettendo su uno spettacolo che si farà nelle scuole per sessanta spettatori che saranno divisi in due vere aule scolastiche e staranno con due maestri distinti, lei e Gigi. E’ un lavoro sulla condizione dell’asino, ma più in generale sulla scuola come istituzione e luogo di relazioni fondative della nostra storia. Una occasione per ricordare il tempo in cui abbiamo imparato o cercato di farlo. Perché, come fu, quale era il contesto: i compagni i maestri i luoghi il tempo. Quali i libri gli arredi gli abiti le cartelle i quaderni, le penne. Io ci sono stata alla lezione di classe quando, tre mesi fa, i due attori fecero la prova aperta, in due sere distinte sì. Ci sarei andata, se non avessi avuto come motivo, quello di verificare che quanto avevo fatto come materiale d’aula per questo spettacolo, funzionava? Ma certo che no. Io passo la vita a difendermi dagli attacchi concentrici aggressivi rumorosi di tutta questa immensa offerta culturale che ci circonda. Prendi me, no me. Dai guarda qui forza: mi vedi? Ascolta la cosa importante che ti devo dire. Uffa. E il silenzio dove sta? Più passa il tempo più io cerco quello. E il vuoto anche. Ma se nelle prossime sere volete comunque andare al cinema leggere un libro ascoltare un disco, se volete proprio consumare cultura, vi esorto a fare un passo falso e passare dalla parte di chi la produce. A Nardò, la prossima settimana è in cartellone in diverse scuole, la sera, lo spettacolo Lezione di Classe. E’ un teatro che si scrive anche con le storie di chi è presente. Se vuoi tornare a scuola, ritrovare il tuo banco, i tuoi maestri, i tuoi vecchi compagni, le ragioni per cui fosti o no bravo, e quelle per cui furono bravi e cattivi gli altri, puoi farlo. Essi sono lì. Come compagna di classe però, novità, riscrittura della memoria, trovi pure me, Ciulli Teresa. Sì ero timidissima, mi vergognavo perfino di esistere, condizione che persiste pur avendo maturato un insano egoismo; non capivo niente di matematica perchè nessuno me la insegnava, sapevo leggere e disegnare benissimo. Due abilità naturali che mi hanno consentito di trovare una strada, secondaria di terra battuta da non consigliare a meno che non hai come me una famiglia alle spalle. Non sono un grande acquisto nella tua classe, lo so. C’è solo una differenza che posso far pesare. Io mi porto dietro i miei cinquanta e tu ritrovi i tuoi tredici, dieci, quindici. Sei. Eppure sarò dietro al banco insieme a te. Una ripetente all’ennesima potenza o una scherzo da macchina del tempo. O un dono, l’unico che posso farti, dell’arte. Quell’esperienza che consente di connettere ciò che altrimenti resterebbe separato: il visibile con l’invisibile, il vero con il falso, il possibile e l’impossibile. E, disegnato il ponte fra loro, nascere alla conoscenza. Se crei una relazione fra cose, aspetti pensieri linguaggi mai connessi precedentemente, non si può fare, conosci qualcosa che forse vale la pena di conoscere. Te stesso. Che paura! Che delusione....
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